martedì 20 maggio 2014

SII COME LE ONDE

La sconfitta arriva quando meno te l’aspetti. E’ un’onda che ti sorprende nel mare calmo e piatto della sicurezza e dell’esperienza in cui stai navigando. Inarrestabile travolge il tuo ego, spazza via le tue certezze e tutta una vita viene rimessa in discussione. Esiste sempre un avversario più forte di noi. Spesso ce ne dimentichiamo arroccati nelle nostre piccole certezze, agognate, conquistate eppure così effimere. Siamo soli contro tutti come onde contro scogli. Possiamo illuderci che il vento sia nostro alleato e credere che ci porterà nella direzione giusta. Ma siamo soli contro un vento contrario, in balia delle correnti e delle tempeste. Siamo soli. Nessuno, nel profondo del cuore, è disposto a perdonarci di essere migliore di lui. Tutti attendono di udire il tonfo sordo prodotto dalla nostra caduta. Se sbagli hai perso, e perdere equivale a morire. Così sono morta e ora sono qui: devo svuotarmi dal mio passato per rinascere. Per andare avanti devo avere il coraggio di rompere col passato, non per rinnegarlo, ma solo per liberarmi della sua pesantezza, della sua rigidità, dei suoi schemi ormai superati, in quanto diverse le mie esigenze, superiori gli obiettivi che devo raggiungere. Si tratta di riuscire a cambiare il contenuto senza apparentemente modificare il contenitore. Si tratta di distruggere e ricostruire la mia vita senza rinunciare a me stessa.
Mi ripeto: "Sii come le onde …le onde del mare così leggere, regolari, fluide e tranquille, espressione di pace che poi d'improvviso sollevate dal vento s'innalzano e si abbattono, pesanti, tumultuose, con forza dirompente e incontenibile, s'infrangono contro gli scogli, spazzano via tutto ciò che incontrano, inghiottono e trascinano senza pietà"...Su questa forza apparentemente senza controllo devo essere in grado di agire, plasmandola, dominandola, trasformandola sempre più in quella sostanza vitale, che, alla stregua del  respiro, produce vita. Sii come le onde...

Illustrazione: Jimmy Lawlor
La bambina col cappotto azzurro-cielo
La bambina col cappotto azzurro- cielo@copyright

domenica 18 maggio 2014

TI PENSO COME UN TRAMONTO

Da quando non ci sei cerco di non pensarti, di fare la mia strada come niente fosse. Ti immagino disinvolto tra la gente, dispensare sorrisi e  gentilezze, ti immagino dedito alle tue cose, lento, splendido e silenzioso. Quando penso a te ti penso come un tramonto, un tramonto di una bellezza devastante, di quelli che ti fanno rimanere a bocca aperta in silenzio e mentre svaniscono sai che non ce ne sarà mai un’altro uguale. Forse voglio solo vederti così. Magari sei con chiunque altro come con me. Forse è proprio il tuo modo di fare. Forse sei solo furbo o vanitoso, come quelli che puntano a soddisfare il desiderio egoistico della conquista, oppure per insicurezza personale. Cerco di trovarti mille ragioni. Cerco di spiegare ciò che non voglio vedere. La verità è che mi piaci ancora. Mi piace come sto con te quando siamo con gli altri, mi piaci quando siamo da soli. Mi piace il modo in cui mi guardi, il modo in cui mi tocchi. Mi piace ciò che dici e come lo dici. Per adesso riesci a farmi sentire come nessun altro e questa è un’altra delle cose che mi fanno paura. Sono io che ho paura. Ho paura che ogni giorno della mia vita mi sveglierò come stamane e tu sarai il primo pensiero e subito dopo aprirò gli occhi e ci sarà un pensiero più doloroso che mi accompagnerà per tutto il giorno: che tu non sei più mio. Ti penso come un tramonto che mi avvolge e non riesco ad afferrare, non mi appartiene, posso solo viverlo in quel attimo...prima che scompaia....

La bambina col cappotto azzurro-cielo
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venerdì 16 maggio 2014

Il violinista nella metropolitana.... (una storia vera)

Il violinista Joshua Bell
Un uomo seduto in una stazione della metropolitana di Washington DC iniziò a suonare il violino in un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti. Durante questo lasso di tempo, poiché era l’ora di punta, è stato calcolato che 1.100 persone sarebbero passate per la stazione. Passarono tre minuti e un uomo di mezza età notò che c’era un musicista che suonava. Rallentò il passo, si fermò per alcuni secondi, e poi si affrettò per riprendere il tempo perso. Un minuto dopo il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna lanciò il denaro nella cassetta e, senza fermarsi, continuò a camminare. Pochi minuti dopo qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma poi guardò l’orologio e ricominciò a camminare. Chiaramente era in ritardo per il lavoro. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni. Sua madre lo invitava a sbrigarsi, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista. Infine la madre lo trascinò via ma il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini. Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi. Nei 45 minuti che il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un po. Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Tirò su $ 32. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, né ci fu alcun riconoscimento. Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei musicisti più talentuosi del mondo. Aveva appena eseguito uno dei pezzi più complessi mai scritti, su un violino del valore di $ 3.5 milioni di dollari. Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston, dove i posti in media costavano $ 100. Questa è una storia vera. Joshua Bell era in incognito nella stazione della metro, il tutto organizzato dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. E' una storia che fa riflettere sulla bellezza che ogni giorno è a portata di mano eppure non la sappiamo cogliere. Guarda il video

Se non ci prendiamo il tempo di fermarci e ascoltare quando uno dei migliori musicisti del mondo sta suonando alcune delle migliori musiche di tutti i tempi, quante altre cose straordinarie ci stiamo perdendo per non saperle apprezzare?

Potete leggere l’articolo originario  di Gene Weingarten sul Washington Post 
Can one of the nation’s great musicians cut through the fog of a D.C. rush hour? Let’s find out.




giovedì 27 marzo 2014

E' UN CORPO CHE CHIEDE E L'ALTRO CHE RISPONDE

E' un corpo che chiede, è l'altro che risponde.
llustrazione Christian Schloe
Sussurri: Balla per me, balla con me, sentendoti femmina,sentendoti amante, sentendoti mia. Ballo per te..... Mi sfiori, ostento e ritraggo il seno, mi giro lentamente su me stessa poggiando la mia schiena sul tuo petto, abbandonandomi contro il tuo corpo con tutto il peso, fino a sentire il tuo sesso che preme sotto i  pantaloni. Le tue mani scivolano seguendo la linea delle mie spalle, della schiena, e  sono carezze voluttuose e lascive, che sfiorano lievi la mia vita sottile e scendono più in basso ancora.
Nel mio cervello scorre soltanto il ritmo della musica, che incalza sempre  più forte, il mio corpo, magicamente, sembra trovare la sua dimensione, la sua espressione. Ogni mio movimento diventa morbido, disinvolto, sciolto, sensuale….Mi muovo sempre più coordinata, con la musica che entra dentro ogni fibra del mio corpo e che restituisco con l'ondeggiare dei fianchi, del seno, con i movimenti sinuosi del capo, con le mani che scivolano lungo le gambe  e che fanno ondeggiare l'orlo del vestito di seta che mi copre a malapena. E' un mambo, è sesso allo stato puro. E' l’energia delle attrazioni, della sensualità e delle pulsioni istintive, l’eterna battaglia del sesso, gioco di forze e di equilibri instabili.
Apro, chiudo e muovo le gambe, i tuoi occhi attenti non perdono un passo, il tuo corpo segue il mio in un movimento unico che ci unisce in un corpo  solo.  Sento i tuoi muscoli  che mi premono e cingono i fianchi, il tuo fiato caldo che mi sfiora il collo, le tue dita ferme che mi stringono a morsa, trascinandomi in un vortice intenso senza capo né coda. Non sono soltanto passi, figure e armonie, si intrecciano sguardi, mani, messaggi, desideri. Il tuo corpo corteggia il mio in un linguaggio primitivo e animale. Il tuo corpo mi parla di sentimenti, gelosie, passione, ossessione.
Il tuo corpo parla dell' unione di due che diventano uno nella musica. 
Il tuo corpo chiede di più esige. Pretende.
Ballare è come il sesso…un corpo chiede…l’altro risponde…
La musica cresce martellante e impetuosa, mi protegge e m'avvolge, mi penetra e mi libera da ogni pensiero. L'energia scende e riempie le gambe, poi rapida sale fino al mio sesso, il mio corpo avanza, indietreggia, ondeggia, batte il tempo, la mia schiena si inarca, tesa di desiderio e tesa d'amore, una goccia di sudore e una lacrima scivolano sul seno... le tue mani avvolgono il mio corpo, lo allontanavano un istante senza  mai lasciarlo per poi attirarlo ancora a sé con movimenti leggeri e suadenti. Mi sfiori con delicatezza, mi afferri con forza, mi prendi e mi lasci andare e sempre mi riporti a te con una brama di possesso che non ti dà tregua.T'insinui tra le mie cosce, per farmi sentire il tuo desiderio, le tue  mani esperte abbattono le residue difese del mio corpo, mentre ci uniamo  in un amplesso finale di carne, musica e suoni e umori di vita.
Ballo con te ed è intenso come sesso...
E' il tuo corpo che chiede e il mio che risponde...

La bambina col cappotto azzurro-cielo
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lunedì 10 marzo 2014

L'ANGELO RIBELLE E' TORNATO

      Schiava e Puttana
Crisalide di Stefano Re  http://skorpiosnest.wordpress.com/
      Padrona e Meretrice
      Angelo e Demone
      Orme di sconosciuti
      nella castità dell’anima
      Vendo le mie fantasie
      Con sottile egocentrismo
      Chi non desidera in fondo
      Fare ciò che è peccato?
      Labbra
      si consumano su di me
      Corpi
      entrano con finta umiltà
      Pretendono
      Mani
      Frugano oltre la pelle
      Cercano
      Piacere carnale
      Pace mentale
      Giochi della psiche
      Chi non desidera in fondo
      Ritrovare quel che ha perso?
      Questo è l’inferno del mio mondo
Bitch di Stefano Re  http://www.skorpio.net
      Un mondo che ho creato
      Su misura per me
      Questo è il mio angolo di perdizione
      Il mio piacere più oscuro
      Il tuo paradiso in Terra
      Accomodati …
      Nutriti …
      Placa la fame …
      Per quanto tu  prenda
      Non mi mancheranno parti di me
      Perdizione o dannazione?
      Ancora molto devono vedere i miei occhi
      Molto hanno visto
      Ho imparato a mie spese
      L’amore crudele utopia della vita
      Ora so chi sono
      Puoi dire lo stesso?
      La mia morale?
      Prova tu se hai il coraggio
      a giudicare la tua.

La bambina col cappotto azzurro-cielo
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sabato 8 marzo 2014

UCCELLI DI ROVO

Illustrazione: Annie Veitch
Indugio nel letto, il viso nascosto sotto il lenzuolo: ti chiamo. Nel buio il tuo nome diventa un sussurro fragile, quasi un gemito.Immagino la forma del tuo corpo accanto a me, la sfioro cercando di percepire il calore della tua pelle: apro gli occhi, li richiudo, mi riaddormento, mi sveglio nuovamente…le notti sono senza fine. Sono stata bene: nel conoscerti, nello scoprirti poco a poco, nel  pregustare l’attesa, nel viverti attimo per attimo, nella perfezione dei momenti. Ancora me ne stupisco. Mi stupisco delle sensazioni che ho provato e di quanto sia stato naturale scivolare in te e perdermi. Non credevo fosse possibile vivere così il proprio corpo e quello dell’altra persona. E non credevo fosse possibile vivere un'esperienza come questa,  eppure ne ho vissute tante, ma con te è stato completamente nuovo. E' stato totale, come può esserlo solo l'unione di due corpi creati l'uno per  l'altro, e proprio per questo devastante. Poi, improvvisamente mi sono svegliata un mattino e ho preso atto del non essere amata. Sono morta nell'anima trafitta da un dolore che non conoscevo, come quegli uccelli di rovo che intonando l’ultimo meraviglioso canto si gettano nella spina più aguzza del roveto più pungente. E così mi sono lasciata trafiggere, gettandomi in te con tutta la forza che avevo. Ma sono morta con dignità. E proprio perché sono morta ora posso rinascere. Sono ancora fragile ma ogni giorno divento più forte. E ogni giorno ti penso sempre meno, lascio che il tempo ti porti via..... Per ora ne approfitto per tenere aperta un po più a lungo quella porta dimensionale sugli universi paralleli e indugiare sulla soglia dei ricordi, riassaporandoli e stupendomi ancora, ripensando a noi prima di ritornare, arricchita, alla mia vita di qua dalla soglia. Non so quanti giorni sono passati. La notte è al termine: la luna è scomparsa. Cammino per la casa. La collera è svanita. Il desiderio di morte anche.

La bambina col cappotto azzurro-cielo
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sabato 15 febbraio 2014

IL BRUCO E LA FARFALLA




Quando ti senti un bruco ti sembra che tutti ti guardino perché sei brutta. Cammini per strada facendoti piccola piccola, cercando di sparire in mezzo alla gente, ti guardi il meno possibile e quando per caso incroci il tuo riflesso in una vetrina, acceleri il passo e scappi lontano….lontano da specchi, riflessi, vetrine e sguardi …. Ricordo le mie amiche che mi ripetevano: "quando entri in una stanza cammina lentamente, lasciati guardare". Ma io odiavo essere guardata, sentirmi gli occhi addosso: entravo furtiva e veloce, cercavo un angolo per mimetizzarmi con le pareti, sperando che nessuno mi notasse. Non è una sensazione che si possa spiegare, convivevo con un costante senso di disagio e inadeguatezza in ogni circostanza. Goffa e fuori posto, mi sentivo così tutto il tempo. Eppure tutti mi dicevano che ero carina, che non c’era niente di sbagliato in me, ma ero io a sentirmi sbagliata. Credo di essermi sentita fuori posto per quasi tutta la vita, tanto che alla fine mi sembrava normale sentirmi così. Se riguardo le mie foto di adolescente ora  sorrido di me stessa  ma quante lacrime ho versato! Ero diversa dalle altre e questa diversità mi faceva soffrire. 
Una massa scomposta di riccioli alla Shirley Temple, due occhioni enormi in una faccia da bambina, e un corpo senza ancora minime tracce di femminilità. Infagottata dentro maglioncini vaporosi fatti a maglia dalla mamma, che mi facevano sembrare una via di mezzo tra la pubblicità del Perlana e Candy Candy, mentre le mie compagne sgambettavano in minigonna atteggiandosi a Lolite, gli occhi e le labbra truccate, i piccoli seni appena spuntati in evidenza con magliette aderenti. Le più carine uscivano con quelli dell'ultimo anno del Liceo, quelli che giocavano a calcio erano i più gettonati, ma per loro era come se fossi trasparente. Meglio così, in fondo non avrei saputo cosa dirgli, mi sembravano un po’ stupidi ma avrei voluto che mi notassero, così solo per non sentirmi diversa dalle altre. Passavo tutto il tempo a leggere e sognare di essere un’eroina dell’Ottocento, come Angelica la Marchesa degli Angeli, bellissima e selvaggia, volevo vivere come lei mille passioni e avventure. Sognavo cavalieri coraggiosi e romantiche dame e a volte sognavo Gigi che aveva quattordici anni ma mi sembrava già grande: cos'avrei dato perché mi guardasse come guardava le altre!  Ma lui si accorgeva di me solo durante i compiti in classe quando mi lanciava occhiate languide e disperate perché glieli passassi.  Poi un giorno  all’improvviso mi aveva detto "Ma che occhi … non ne ho mai visti così belli". Era l’ultimo giorno delle medie e quello era il primo complimento da parte di un ragazzo: il cuore mi scoppiava dalla contentezza. 
Poi non so cosa accadde … fu l’estate dei miei quindici anni … quell’estate il bruco diventò farfalla. All’improvviso, il mio corpo si assottigliò,spuntarono le curve del seno, dei fianchi, del sedere. Alla specchio non mi guardavo e forse non me ne sarei neppure accorta se non fosse stato per gli sguardi dei ragazzi e le loro attenzioni. Adesso cercavano in tutti i modi di farsi notare e mi corteggiavano, riempiendomi di complimenti e attenzioni. Per tutto il tempo mi sembrava così "strano" che potessero  trovarmi carina…"Che gentili" pensavo, senza capire che la gentilezza degli uomini non è mai gratis.  Eppure io continuavo a sentirmi come prima, goffa e fuori posto. Avrei voluto tornarmene nel mio bozzolo e rimanere lì, nascosta agli sguardi, ma poi mi dicevo che avrei dovuto abituarmi ad essere farfalla. Non mi sono mai abituata e credo che se sei bruco dentro non ti abitui mai ad avere le ali. Dentro sono rimasta quella buffa bambina infagottata in maglioncini color pastello, ma la cosa più strana è che ora mi piace quella bambina. Certo mi ha causato un sacco di problemi … per tutta la vita, con gli uomini che ho avuto, mi sono sempre sentita piena di gratitudine perché stavano con me. Con me che non mi sentivo niente di speciale. Ero come un cagnolino randagio, che appena gli dai un po’ di affetto scodinzola felice e ti rimane fedele a vita. Per  quel poco di affetto davo in cambio tutta me stessa, spalancavo l’anima e lasciavo cadere ogni difesa, gli offrivo tutta me stessa e loro prendevano tutto, per poi andarsene senza neppure dire grazie. Come qualcuno che vedendo il volo di una  farfalla non si accontenta di seguirlo con lo sguardo  ma cerca di afferrarla e nel farlo le strappa le ali. E mentre lei cade a terra, si gira dall’altra parte e dice con noncuranza "Peccato era una farfalla così bella…." Allora non me ne rendevo conto, se solo per un istante avessi avuto consapevolezza di me e di quel che valevo, se mi  fossi resa conto che stavo regalando la bellezza dell’amore a degli imbecilli, se mi fossi voluta bene solo un po’…  forse mi sarei fermata in tempo. Invece no, non mi sono fermata, anzi ho accelerato i giri finché l’impatto non è stato devastante. E’ stato come risvegliarsi dopo un brutto sogno senza capire dove ti trovi. Ho rischiato di perdermi, di trasformarmi in una persona che non ero io. Stavo per diventare quella che gli altri vedevano, quella che volevano che fossi: una farfalla senz’anima. Ma quella bambina-bruco che avevo per così tanto tempo tentato di cancellare ha cominciato a gridare dentro di me così forte che non ho  potuto fare a meno di ascoltarla. Ho cominciato ad amarla quella bambina buffa e fuori tempo, ho cominciato a coccolarla anziché cercare di ucciderla. Senza di lei, non sarei quel che sono oggi e quel che sono mi piace. Non odio più la mia immagine allo specchio, neppure la amo…semplicemente sono io e va bene così. Mi riconosco in quel riflesso e mi sorrido, non scappo più via da me stessa.Quella diversità che mi aveva tanto fatto soffrire da adolescente ora è la mia forza.  Vorrei essere ancora invisibile quando cammino, ma se gli uomini si girano non penso più che lo facciano perché sono brutta ma solo per i loro atavici scompensi ormonali. Anzi diverse volte mi sono tolta la  lasciarmi guardare, di giocare con la mia immagine, di osare, sapendo che è solo un’ironica  "rivincita" sul bruco che ero, sulle mie insicurezze e sulla mia timidezza. Con la consapevolezza raggiunta che la vera bellezza è dentro di noi e che la mia anima è per pochi, per quei pochi che sanno guardare oltre l’apparenza e amarmi per come sono ogni giorno. La verità? E’ stata una lunga rinascita…lunga e dolorosa ma senza quel dolore non sarei quel che sono…. Sono una farfalla con l’anima da bruco ed è questo che fa la differenza con le altre farfalle …

La bambina col cappotto azzurro-cielo
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sabato 18 gennaio 2014

NATA LIBERA

Stasera ho voglia di pensare a me: voglio dedicarmi un idromassaggio, distendermi nell'acqua calda e lasciare andare i pensieri. Dove andranno non so, forse attraverseranno questi muri,  correranno oltre la strada verso la spiaggia, al di là del mare....  La leonessa che è in me continua a dare segni d’impazienza. Invidio le persone calme e tranquille, quelle che "crollasse il mondo" non si scompongono. Io questo self-control non credo l’avrò mai. Sono sempre in balia delle emozioni, delle passioni, degli alti e bassi emotivi, scalpitante e inquieta,  senza un attimo di pace. Sono una leonessa in gabbia. Mi sta stretta questa città di provincia dove tutti sanno gli affari tuoi e regolarmente non si fanno gli affari propri, dove la gente ha la ristrettezza mentale di chi è abituato a non vedere oltre il proprio naso, a coltivare il proprio orto invidiando quello del vicino. Ma che ci faccio ancora qui?  Purtroppo, come spesso accade, mi sono fatta legare dai vincoli familiari, dalle convenzioni, dagli affetti e dai doveri. E io, che sono nata libera, come Elsa, la leonessa di un vecchio telefilm di quando ero bambina, mi sono ritrovata chiusa in una gabbia di mediocrità e apparenza. Ma non mi faccio schiacciare da queste piccole persone che pensano che la vita finisca al confine del loro paesello! Lancio il mio ruggito e preparo la zampata: lascerò il segno! Tutti mi dicono: stai buona e adeguati. Puoi chiudere in gabbia un animale selvaggio ma la sua natura presto o tardi prevarrà. Spesso mi sono chiesta l’origine di questo carattere incontrollabile che sembra prendermi letteralmente la mano e farmi perdere razionalità e senso logico. Mi sono fatta interi elenchi di possibili cause razionali e non … ma sono fatta cosi e forse non c’è una ragione. Mi porto dentro la mia leonessa, accucciata in un angolo dell’anima e anche se all'apparenza sembro così silenziosa, quieta e senza spigoli, di tanto in tanto lei, improvvisamente, viene fuori ruggendo e quelli che hanno avuto la sfortuna d’incontrarla ne portano ancora i segni.
Eppure la percezione che gli altri hanno di me è quella di una persona tutt'altro che inquieta. Forse perché sono sempre così silenziosa e gentile, e le mie inquietudini me le custodisco in fondo all'anima senza lasciarle trasparire per un assurdo senso del pudore. Ma mi sento tutt'altro che tranquilla, anzi la tranquillità come stato credo stia diventando una specie di miraggio per me.
Comunque è vero, come dice qualcuno,  che ci sono molte parti di noi ignote persino a noi stessi. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono sorpresa delle mie reazioni. 
Per fortuna mi sono sorpresa piacevolmente perché nonostante tutti i miei casini alla fine quando penso di non farcela più, riesco sempre a tirare fuori la forza di volontà ed la tenacia necessarie a lottare per ciò in cui credo con tutta la forza della leonessa che è in me. Questo è uno di qui momenti. Piango e mi dispero, ma alla fine come in ogni animale è la volontà di sopravvivenza che prende il sopravvento su tutto, e mi fa trovare risorse che non credevo di avere. Sto bene. Anche se tutto va male, se tutto va storto. Ce la farò. Devo farcela e voglio farcela. Vado a prepararmi il bagno caldo, voglio ascoltare le note del mio amato Rachmaninov,  voglio lasciare che le sue dita scorrendo sulla tastiera  guidino le mie che scivolano piano sulla mia pelle in un crescendo di melodia e piacere….
     
 La bambina col cappotto azzurro-cielo
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lunedì 6 gennaio 2014

UN ANNO TUTTO NUOVO

Lo confesso, non sopporto proprio il Capodanno! Lo detesto, quasi quanto i matrimoni! Non sopporto l’idea di una serata in cui per forza bisogna uscire, festeggiare, indossare qualcosa di rosso, come se il resto dell’anno un bel perizoma rosso non lo si debba mettere! Trovo irrimediabilmente stupido il detto "Chi non lo fa a Capodanno non lo fa tutto l’anno!" e penso che l’abbia inventato uno che voleva una scusa per provare a farlo almeno una sera su 365! Odio la domanda "Dove vai a Capodanno?", è un tormentone che ti perseguita per mesi.  C’è chi ci inizia a pensare a Ferragosto, mentre magari sei distesa sulla  sabbia e qualcuno della compagnia se ne esce: "Per l'ultimo dell'anno cosa si fa?" Aiutoooooo! Meglio a casa! Il fatto è che per me è un giorno come l'altro, una notte che ci traghetta verso un'alba che non ha nulla di differente da quelle precedenti e da quelle che verranno. Preferisco passarlo in modo indolore, magari da sola accoccolata sul divano  leggendo un buon libro con un pandoro e un  bicchiere di spumante, magari abbracciata al tipo giusto a guardare un filmone di quelli che ti strappano dal mondo reale, così da scivolare nell'anno nuovo dolcemente quasi senza rendermene conto, uno nelle braccia dell'altro. Per fortuna anche questo San Silvestro è archiviato e con lui un anno da dimenticare! Adesso siamo in un anno con giorni nuovi di zecca da  inventare e poter scrivere e colorare.  Volevo buttare via tutto del 2013: cancellarlo, annullarlo, dimenticarlo, far finta di aver dormito per un anno intero e come per magia risvegliarmi nel 2014.
Illustrazione: Catrin Welz-Stein
Alla fine ho deciso che terrò tutto. Conserverò tutto quel che ho vissuto in questi mesi come si conserva una  lezione di vita che si è appresa e che ci portiamo appresso per sempre.  Come una cicatrice che non fa più male ma ogni volta che ci specchiamo è  ancora là, a segnarci il corpo e ricordarci quello che ci ha ferito. Ferite ne ho tante,  ma è un dolore che ormai mi fa compagnia, che mi ricorda che ho amato, lottato, che molte volte sono stata sconfitta e altre volte ho vinto la battaglia, ma in ogni caso ci ho provato sempre e, nonostante tutto e tutti, sono ancora viva e piena di voglia di fare, sogni, speranze e ho ancora la forza di combattere per realizzarli. Conserverò la memoria di tutto ciò che è avvenuto e butterò via solo alcune persone che "solo" un anno fa consideravo veri amici e che si sono rivelati  fasulli, li butterò via assieme alla delusione, alla rabbia, all'amarezza, alla sensazione dell'ennesima fregatura presa, alla voglia di inutili rivalse  … non ho davvero il tempo di crogiolarmi nel passato, ho troppa voglia di amare chi davvero lo merita, per  sprecare tempo ad odiare chi non vale nulla.

Un nuovo inizio, pieno di speranza, a tutti voi!

La bambina col cappotto azzurro-cielo
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venerdì 3 gennaio 2014

Attenti alle persone che riescono a tirar fuori solo il peggio di voi....

Illustrazione: Shiibo
State attenti alle persone che riescono a tirar fuori solo il peggio di voi. Si direbbe che lo fanno perché se lo meritano, il tuo peggio. E' una tattica. Non ci cascate. Vogliono convincerti. Convincerti di essere quello che vogliono loro. Convincerti di non riuscire ad essere migliore di quanto potresti essere o già sei, convincerti che non vali nulla, perchè è proprio quello il loro obiettivo: con maestria faranno splendere il buio che hai dentro e spegneranno il tuo sole, lo spediranno in esilio in un ripostiglio e getteranno via la chiave. E' così che ti convinceranno. E' così che ti comporterai di conseguenza. E' così che ti renderai conto di non saper offrire nient'altro che quel buio, che risplenderà così forte da accecare chiunque avrà la sfortuna di incontrarti. E lì amico, puoi dirti fottuto. Hai perso te stesso. E' finita. Il sole è spento. Hai freddo. Ma la sconfitta più grande sarà sempre e solo una: essere diventato esattamente come loro.